Prestazioni da campioni:
il coaching degli sportivi applicato ai top manager d’azienda
(di Tiziana Pregliasco, Founder Pyxis, Executive Coach)
Il coaching moderno e i suoi fondamentali
Nel mare magno di significati, obbiettivi, modalità di applicazione e strumenti del coaching attualmente proposti a CEOs, executive e imprenditori ci si trova spesso disorientati e il rischio è che lo si percepisca come un’opportunità vaga, indeterminata, soggetta ad interpretazioni di volta in volta proposte da professionisti di variegata provenienza e indefinita competenza.
Il rischio, dunque, è che non si riesca a coglierne gli essenziali benefici e potenzialità e non si consideri seriamente di fruirne in quanto opportunità evolutiva per raggiungere il successo professionale.
In questo articolo cerco di chiarire cosa sia il coaching, cosa non sia e soprattutto la sua origine concettuale rintracciabile in teorie derivanti dall’esperienza sul campo di un … allenatore sportivo!
Sapevate che il coaching fonda i suoi assunti e la sua metodologia in un testo-guida elaborato, guarda caso, da un allenatore di atleti tennisti?
Il testo di Timoty Gallway sul gioco interiore del tennis (“The Inner Game of Tennis”) è considerato infatti più di un approccio all’allenamento in uno sport specifico complicato e sfidante come il tennis, ma rappresenta e descrive i principi di una filosofia di vita e di crescita personale universalmente validi e decisamente illuminanti.
Personalmente sono da sempre convinta che lo sport offra molteplici spunti ispirativi, motivazionali e metodologici interessanti al mondo delle professioni quindi, anni fa, quando scoprii questo testo, fu come un’illuminazione: compresi subito che l’inner game non era un concetto applicabile solo ai campioni dello sport ma uno strumento potente per l’apprendimento naturale ed il perfezionamento delle prestazioni per persone che gestiscono professionalmente sfide importanti ogni giorno della loro esistenza.
E’ un testo che suggerisco e rileggo spesso perché ogni volta mi offre spunti interpretativi nuovi e sempre validi.
Cos’e’ il coaching (e cosa non è):
Cosa non è il coaching?
Per comprendere meglio iniziamo a sgombrare il campo da cosa non è!
Il coaching non è formazione, ovvero trasferimento di conoscenze e tecniche, non è mentoring finalizzato a fornire un modello di riferimento da parte di una persona più esperta ad una meno, non è consulenza in cui si consegnano consigli, pareri e soluzioni, non è terapia psicologica per indagare inconsci, trascorsi ed eventuali traumi che determinano la struttura profonda dell’identità delle persone e certamente non è una chiacchierata in amicizia in cerca di supporto e confidenze!
Cosa è il coaching?
Il coaching è un processo di sviluppo di capacità, risorse e competenze gestito da un professionista qualificato che supporta il cliente nell’individuazione degli ambiti di potenziale crescita e nella definizione di un programma concreto finalizzato al raggiungimento degli obiettivi rilevanti per il cliente in un contesto ben identificato.
Il coaching è una relazione a due (o anche rivolta ad un team) in cui il coach sostiene, supporta e conduce con metodo le persone in un percorso di cambiamento e di evoluzione, di scoperta e messa in pratica del proprio potenziale d’azione.
Il coach allena il suo coachee a definire precisamente un obiettivo di sviluppo rilevante per il proprio sistema di valori, a far emergere tutte le risorse interne ed esterne a disposizione, a rimuovere resistenze e false credenze, a creare un piano di azione per il cambiamento focalizzando solo su ciò che è sotto il proprio controllo.
Insomma è un allenatore di competenze evolutive che opera in diversi ambiti: sviluppo professionale e di carriera, performance management, leadership, comunicazione, gestione di conflitti, di collaboratori, del tempo, dello stress, del cambiamento ecc ecc.
Le applicazioni sono innumerevoli, ma torniamo ora alla nascita del coaching moderno, allo sport ed al suo padre ispiratore.
Il Gioco Che Conta
Gallwey ci spiega che per vincere, invece di concentrarci principalmente sulle tecnicalità e la conoscenza degli strumenti, bisogna partire prima di tutto e necessariamente dalla considerazione che in ogni sfida esistono due tipi di gioco, uno che si vede e si manifesta all’esterno, ed uno che avviene nella testa dei giocatori.
Il primo gioco si gioca contro l’avversario, la controparte (il concorrente, il cliente, il fornitore, il capo, il collaboratore ecc, tanto per fare un parallelismo con i giochi del business), il secondo, il più importante, è una battaglia dentro noi stessi principalmente contro l’ansia, il dubbio, l’incertezza, i rumori di fondo, i vecchi schemi di comportamento, il giudizio.
La Vittoria è in Nostro Potere!
Questo secondo gioco e’ spesso vinto o perso prima ancora che la palla, metaforicamente o meno, sia in campo e determina il risultato finale; è altresì l’unico gioco che possiamo essere certi di vincere perché dipende solo dalla nostra volontà.
Un buon punto di partenza, vero? Una prospettiva che ci restituisce un grande potere!
Ecco perché il coaching è una relazione potente: migliora le prestazioni perché lavora sull’inner game e libera il potenziale ancora inespresso.
Riflessioni Sulla Parte Mentale Della Performance
Spesso il problema dei campioni non è la preparazione atletica o le abilità fisiche, su questi parametri sono spesso molto allineati, quello che definisce e distingue la prestazione del campione o della squadra vincente è il cosiddetto mindset, la preparazione mentale che serve ad affrontare le sfide in campo attingendo a tutte le risorse disponibili.
Frasi del tipo “ha perso perché ha avuto l’atteggiamento sbagliato”, “non ha gestito lo stress e ceduto alla tensione”, ”mancava di concentrazione e aveva un atteggiamento da perdente”, “non ha saputo motivare e trascinare la squadra” e così via sono legate a competenze mentali (soft skills).
Sono la parte mentale della prestazione.
Non si impara per istruzioni, attraverso una formazione tradizionale, ad avere il mindset vincente. Si esercita e ci si abilita spesso condotti da un coach.
I limiti della tipica lezione di apprendimento
Siamo abituati a formatori che classicamente impartiscono istruzioni, e va bene, per carità, i tecnicismi sono importanti.
Nel coaching però l’idea è dire meno e notare di più, meno istruzioni verbali più offerta di punti di osservazione alternativi, lasciare fluire e permettere che le correzioni avvengano da parte dell’atleta (o del professionista) stesso che non sentendosi giudicato o informato costantemente su cosa fare si può concentrare sulle proprie risorse correttive ed evolvere in maniera consapevole e con maggiore autonomia.
Così, nel flusso naturale di autosservazioni e correzioni continue si radica e si consolida il miglioramento della performance.
Il cambiamento avviene se compreso, vissuto e sperimentato, scoprendo modelli e schemi che ci funzionano.
Impariamo dall’esposizione in contesti sfidanti, dal non giudizio del fallimento, ma dall’osservazione e correzione dell’errore.
Istruire dunque non sembra essere un buon modo per ottimizzare le prestazioni.
Giocare da “fuori di testa” e ridurre le interferenze
Gallwey sostiene che l’atleta può riuscire a realizzare la sua performance ottimale quando riduce al minimo le interferenze interne alla sua mente, rimuove un atteggiamento giudicante e punitivo e sviluppa fiducia nelle sue capacità di apprendere in modo naturale dall’esperienza diretta.
Fare questo esercizio da soli, sistematicamente e responsabilmente, è molto, molto difficile, per questo esiste chi lavora sulla “parte mentale in gioco” e sempre più campioni e top performer hanno in staff professionisti con questa competenza.
Nella relazione di coaching sostanzialmente il coach facilita in modo strutturato e con metodo la naturale espressione del talento potenziale assicurandosi che si traduca nella modifica di comportamenti e nell’ampliamento di competenze decisive per il successo che altrimenti resterebbero inespresse e bloccate nella testa del suo professionista cliente.
Le partite che contano
Come affronto un nuovo ruolo senior?
Come creo le condizioni per ottenere un posto nella C-Suite della mia azienda?
Come riesco a risultare efficace e credibile nel generare un cambiamento dirompente?
Come posso districarmi tra workload e stress?
La gestione di tensioni nel team, la presa di decisioni importanti, valutare il proprio stile di leadership e modificarlo perchè non più efficace, affrontare negoziazioni importanti, sono tutte partite da giocare con consapevolezza, preparazione ed un atteggiamento vincente.
Una mente da campione, preparata da un bravo coach, aumenta le chances di uscirne vincenti.